Farsi trovare. Questo è il mantra delle aziende sul web, ingarbugliate sempre di più nei meandri della SERP (Search Engine Results Page) ovvero la pagina in cui appaiono i risultati del motore di ricerca. Se sei in prima pagina, ci sei e puoi fare business. Se non sei in prima pagina, è come se non esistessi.
Perché tutto questo è importante? Perché le aziende devono essere capaci di farsi trovare per vendere i propri prodotti, ricevere richieste di preventivo e acquisire contatti.
Tuttavia bisogna ragionare in modo approfondito su quello che gli addetti ai lavori chiamano “intento di ricerca”.
Fino al 2013 per la SEO era necessario inserire le parole chiave, considerate come parte a se stante all’interno di un testo. Adesso bisogna prestare attenzione al contenuto nella sua interezza.
Le keywords rimangono un fattore preponderante, ma Google adesso svolta verso i contenuti rilevanti dal punto di vista semantico; una diretta conseguenza dei nuovi modi di fare ricerche degli utenti, come ad esempio le ricerche vocali.
I testi che compongono i siti diventano sempre più importanti per il motore di ricerca. Mentre prima erano le parole chiave e il loro sapiente inserimento all’interno del testo a farla da padrone, oggi le cose sono cambiate. Anzi, si sono evolute e questa evoluzione si focalizza sull’intento di ricerca.
Per intento di ricerca si intende l'obiettivo di una data ricerca sul web: l’utente digita la query e comunica a Google cosa sta cercando in modo più o meno esplicito. Le ricerche degli utenti in base all’intento di ricerca si dividono in tre tipologie:
Il motore di ricerca vuole avvicinarsi sempre di più all’utente e alle sue intenzioni, non limitandosi più solo alle parole chiave. Ecco perché parliamo di “farsi trovare bene”: la SEO deve interrogarsi su ciò che l’utente intende come ricerca.